I maestri della svolta
Molti maestri hanno segnato la storia de karate, ma quattro di loro, Sagukawa, Sokon Matsumura, Anko Itosu e Gichin Funakoshi, hanno determinato svolte di fondamentale importanza. Di Sakugawa, vissuto a cavallo tra il Settecento e l‘Ottocento, poco si conosce: incerte le date di nascita e di morte, rare le documentazioni che gli si riferiscono. La fama che lo circonda è comunque leggendaria e ciò fa supporre che il suo influsso nell‘evoluzione del karate sia stata notevole. Di famiglia nobile, fu spesso capo delle delegazioni inviate in Cina per il pagamento dei tributi; da questi viaggi tornò con una approfondita conoscenza del kempo. Con tutta probabilità fu il primo maestro a tentare la sistematizzazione del “to-de”, termine da lui coniato per individuare l’arte del combattimento a mano vuota. Sokon Matsumura (1809-1899) fu il primo maestro a strutturare il karate in maniera organica. Diventato guardia del re a soli vent’anni, a ventiquattro ottenne l‘eccezionale privilegio di trasferirsi nella signoria di Satsuma, in Giappone, dove, nell‘arco di due anni, divenne adepto di spada nella scuola Jigen-ryu. Ebbe modo d’impratichirsi ne kempo durante i viaggi delle delegazioni di Okinawa in Cina; è ritenuto da alcuni allievo di Sakugawa ma mancano, a riguardo, documenti certi. Il suo karate raggiunse livelli di eccellenza nel sintetizzare gli elementi tradizionali con quelli della scuola cinese e giapponese. Viene considerato il caposcuola dello “Shuri-te”. Anko Itosu (1830-1915), allievo di Sokon Matsumura, introdusse il karate nelle scuole. in questo modo l‘arte poté essere assimilata da un numero di persone decisamente più ampio del passato, quando il karate veniva tramandato in gran segreto e solo ad una cerchia ristretta di adepti. La capacità pedagogica di Itosu si riflesse nella grande preparazione dei suoi allievi, moti dei quali divennero fondatori di stili importanti. Gichin Funakoshi (1868-1957) fu allievo di Anko Itosu. Fondatore dello stile Shotokan, negli anni Venti diffuse il karate in Giappone riuscendo ad inserirlo nel budo, cioè nel complesso delle arti da combattimento tradizionali. Impresa realizzata non senza difficoltà, dato che in Giappone lo scetticismo nei confronti di un’arte “straniera” e priva di tradizioni era profondo. Il valore del karate fu però riconosciuto, tanto che quest’arte divenne, come judo, kendo, sumo e aikido una delle materie insegnate nelle università giapponesi. M0 Gichin fu anche letterato, insegnante, studioso e, per diletto, poeta; proprio con lo pseudonimo “shoto” (onde di pino) firmò le sue opere. Quando, mezzo secolo dopo, in seguito ad una raccolta di denaro tra allievi ed estimatori, riuscì ad aprire il suo primo dojo a Tokyo, questo venne chiamato in suo onore Shotokan, cioè la casa di shoto. Fu proprio in quella occasione, nel 1936, che il maestro stabilì i requisiti necessari per ottenere gli avanzamenti di grado meglio conosciuti come “kyu”, cinture colorate, per i principianti e “dan”, diversi livelli nell ‘ambito della cintura nera, per gli iniziati. Se oggi milioni di persone nel mondo ricevono dal karate benefici fisici e morali, lo devono alla piccola Okinawa, “isola del karate”.
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